cap.16 di midnight sun

« Older   Newer »
  Share  
°°°adrenalina°°°
view post Posted on 23/6/2009, 13:00




Capitolo 16 -La famiglia Cullen


Il sole stava ormai sorgendo dando inizio ad un'altra giornata .Ormai la notte non appariva più troppo breve perché ora non dovevo più fuggire al primo raggio di sole, ormai aveva visto chi ero o meglio “cosa”ero e mi aveva accettato, non dovevo più nascondermi. Potevo starle accanto, guardarla dormire, e aspettare il suo risveglio, senza dover perdere più neanche un attimo della sua vita. Vidi gli occhi di Bella schiudersi, lenti, la luce le illuminava il viso, i suoi capelli arruffati accentuavano la sua aria un po’ intontita. Forse era normale, ma per me era passato troppo tempo dall’ultima volta che avevo dormito, per poter ricordare cosa si provasse appena svegli. Sembrava quasi essersi dimenticata della mia presenza, ma all’improvviso si alzò di scatto dal letto - forse troppo velocemente per il suo piccolo e fragile corpo umano. Stavo per scattare verso il suo letto per sorreggerla, ma non c’è ne fu bisogno. Il suo sguardo era un misto di confusione e sorpresa. Appena sembrò aver acquistato un po’ di lucidità esclamò un semplice ma eloquente «Ah!».
La guardai affascinato dalla sua bellezza e dai giochi di colore che la luce creava sulla sua pelle, così chiara da sembrare quasi un sottile strato di cristallo,che al minimo tocco sarebbe potuto andare in frantumi. Sembrava ancora non rendersi conto della mia presenza, così cercai un modo poco invadente di farmi notare.
“I tuoi capelli sembrano una balla di fieno….ma mi piacciono” le dissi con tono scherzoso, sebbene lo pensassi davvero. Quando aveva quell’aria buffa mi piaceva ancora di più, se possibile.
Sorrisi aspettando che il suo volto prendesse colore, infiammato dal sangue che correva rapido verso le sue guance. Quel sangue che avevo tanto desiderato assaporare, che un tempo risvegliava il mostro celato dentro me. Ora che sapevo controllarmi avevo voglia del contatto con la sua pelle,che le sue dita così piccole e sinuose percorressero il mio corpo di pietra freddo,avevo voglia delle sue labbra calde e morbide che si modellavano sulle mie. Volevo lei e sole lei,e la cosa più importante era che la volevo nel modo più umano possibile. Bella sembrò cominciare a cercare nella stanza la provenienza della mia voce, poi all’improvviso i suoi occhi nocciola liquido incrociarono i miei e si illuminarono, le sue labbra si aprirono in un sorriso.
“Edward! Sei rimasto qui!
Il suo viso tornò ad illuminarsi. Rimasi incantato da quella stupenda visione, tanto da non rendermi conto che si era buttata tra le mie braccia, in un attimo, senza neanche pensarci. Ebbi paura che l’improvviso e inaspettato contatto con la sua pelle così pericolosamente vicina,e il suo odore che riempiva i miei polmoni facendo ardere la mia gola e fluire il veleno in bocca, facesse cedere il mio autocontrollo. Ma ero inaspettatamente calmo, forse mi ero sottovalutato, stavo rafforzando sempre di più la mia capacità di resistenza. Decisi di essere abbastanza forte da poter ricominciare a respirare,così riempii i miei polmoni d’aria inevitabilmente impregnata del suo odore, sentii la gola riardere come un grido di protesta,e il veleno salire lento, ma non mi importava.
Guardai il suo volto quasi impietrito, sembrava chiedersi se avesse fatto un passo di troppo. Io la guardai di rimando sorridendo.
“Certo che sono qui”
Le risposi stupito, ma anche contento per la sua reazione. Poggiò la testa sulla mia spalla con delicatezza, mi guardò per un secondo e poi continuò.
“Ero convinta di averti sognato”
“Non sei tanto creativa” le risposi
All’ improvviso, come colpita da una strana consapevolezza, si alzò e scattò verso la porta.
“Charlie!”
“È uscito un'ora fa... dopo aver ricollegato la batteria del pick-up, se proprio vuoi saperlo. “Devo ammettere che un po' mi ha deluso. Basterebbe così poco per bloccarti, se fossi decisa a fuggire?”.
Restò li sulla porta a fissarmi, come se si stesse chiedendo cosa fare. La sua reazione mi colpì, mi chiesi perché aspettasse così tanto per tornare da me, poi compresi, credeva di aver fatto qualcosa di sbagliato, di aver esagerato. Ma si sbagliava. Distesi le braccia, come per accoglierla, sperando che capisse quanto grande fosse il mio bisogno di lei. Aspettavo impaziente che il suo corpo caldo tornasse a raggomitolarsi sul mio petto, che le sue braccia, sinuose e delicate, tornassero a stingermi: cominciai a pensare a quanto ormai dipendessi da lei. Starle così vicino rendeva la lontananza ancora più atroce, ma non importava, perché non volevo perdermi neanche un attimo della sua vita e starle lontano non era di certo tra i miei programmi. La guardai negli occhi, incerto sorridendo mentre tentavo di leggere i suoi pensieri: volevo capire il motivo di quello strano comportamento, ma ovviamente fu inutile, i suoi occhi non erano collaborativi.
“Di solito, la mattina non sei così confusa ” le dissi. Non riuscivo ancora a capire il motivo della sua indecisione, cominciai a pensare che forse non voleva davvero che io restassi li, forse avrebbe preferito che io andassi via. Tornai a distendere le braccia, come a rinnovarle l’invito a tornare da me.
“Ho bisogno di un altro minuto umano” mi rispose.
Compresi che era questa semplice richiesta la fonte di tutte le sue indecisioni. Aveva soltanto bisogno di tornare per un minuto ad essere una semplice umana. Mi sentii in colpa perché ancora una volta non avevo badato a quelle che erano le sue esigenze , le sue necessità. Con dispiacere ritrassi le braccia e le sorrisi.
“Ti aspetto” le dissi con un tono dolce e amorevole, di cui anche io mi stupii.
Bella uscì in fretta dalla camera e si chiuse in bagno, sentii la porta socchiudersi e l’acqua cominciare a scorrere. Cominciai a riflettere su tutti i cambiamenti che aveva subito la mia esistenza in quelle settimane e su tutte le cose che erano cambiate in me. Sentimenti che mai avrei creduto di poter provare bussavano frenetici alla porta del mio cuore, impazienti di entrare. La gioia, la felicità, l’amore, la gelosia, invadevano la mia mente e ogni fibra del mio corpo, e io non potevo che esserne felice.
Di lì a poco Bella, nel caso in cui avesse accettato, avrebbe conosciuto la mia famiglia e ne sarebbe diventata parte. Lei era ormai tutto per me, ma la mia vicinanza a lei, stava portando ad una conseguente ed inevitabile lontananza con la mia famiglia. Quella famiglia che per centinaia di anni mi aveva supportato e amato. Solo se Bella ne avesse fatto parte a pieno titolo, la mia esistenza sarebbe stata definitivamente completa.
Mi distesi sul letto e mi immersi nel calore del suo corpo che non aveva ancora lasciato le coperte. Restai così immobile per qualche minuto lasciando che il suo odore mi pervadesse, percorrendo indisturbato le mie narici e la mia gola. Mi alzai e cominciai a girovagare per la stanza pensando al modo in cui le avrei detto che volevo portarla a casa mia. Mi fermai di scatto al centro della stanza assalito da un’improvvisa sensazione di ansia e incertezza. Avrebbe accettato il mio invito? O sarebbe rimasta terrorizzata all’idea di incontrare un’ intera squadra di vampiri? Aveva accettato me, ma se non avesse accettato la mia famiglia? Se l’idea di tutti loro la spaventasse? Una remota parte di me sperava ancora che questo potesse accadere, che l’istinto di sopravvivenza di Bella si risvegliasse dal suo sonno profondo, e la costringesse a scappare. In fondo questa era la reazione più logica e sicura per un essere umano, ma Bella non sembrava avere nessun comportamento che potesse essere definito normale.
Il mio egoismo tornò a farsi strada tra i miei sentimenti e ricominciai a sperare che accettasse il mio invito. Ormai allontanarla da me non aveva più senso, sapeva tutto e io ero ormai in grado di controllarmi, e come me anche tutti i miei fratelli. Non potevo più considerarmi il maggiore dei pericoli che incombevano su Isabella Swan, dopo tutto c’erano anche le auto, gli incendi, le catastrofi naturali e ogni tipo di azione, che per essere svolta, richiedesse un po’ di equilibrio. Risi dei miei pensieri.
Senza neanche accorgermene avevo ricominciato a vagare per la stanza. Erano passati solo pochi minuti ma già sentivo la sua mancanza. Mi rasserenai quando finalmente udii il rumore della porta del bagno che sia apriva, la sentii camminare svelta per il corridoio e la vidi in fine aprire la porta della sua camera. Nel vederla l’enorme vuoto dentro di me si colmò.
Il bisogno che sentivo di lei cresceva ogni secondo, i miei occhi la guardavano come il più perfetto dei miracoli, le mie braccia la cercavano come il più ambito dei tesori. Non seppi e non volli, resistere alla necessità di riaverla tra le mie braccia, così cominciai lento ad andarle incontro.
“Bentornata” le sussurrai con un ampio sorriso.
Mi avvicinai e la strinsi a me, respirai a fondo il suo odore e mi compiacqui di come ormai potessi concedermi la sua vicinanza senza troppi problemi. Continuai a stringerla e a cullarla tra le mie braccia, sentivo crescere dentro me un senso di completezza e felicità ineguagliabile. Sentii il suo cuore accelerare ogni secondo di più, batteva all’impazzata, sembrava quasi non voler rallentare, e ne fui quasi felice. Sentii il suo volto muoversi lento sul mio petto e vidi il suo sguardo spostarsi lento dalla mia camicia ai miei capelli e in fine incrociai il suo sguardo che sembrava quasi volermi fulminare.
“Te ne sei andato?” disse con un tono quasi accusatorio indicando la mia camicia.
Provai un improvviso senso di dispiacere perché avevo infranto la mia promessa, ero andato via, se pure per pochi minuti. Poi mi lasciai andare ad un sorriso, compiacendomi del fatto che anche lei cercasse costantemente la mia vicinanza, anche quando dormiva.
“Non potevo certo uscire di qui con gli stessi abiti che avevo quando sono entrato... Cosa avrebbero pensato i vicini?”dissi in tono scherzoso, ma la sua espressione non cambiò. “Stavi dormendo sodo; Non mi sono perso niente” continuai cercando quasi di giustificarmi.
Nel pronunciare quelle parole non potei non ricordare ciò che avevo sentito la sera prima, il mio sguardo si illuminò e le mie labbra si distesero in un ampio sorriso. “I discorsi li avevi già fatti” non riuscii a trattenermi dallo stuzzicarla.
“Cos’hai sentito?” mi rispose quasi come per lamentarsi. Cercai di dirle nel modo più dolce possibile ciò che mi aveva confessato inconsciamente la notte prima. Incrociai il suo sguardo e lasciai che dai miei occhi trasparisse tutto ciò che avevo provato nell’udire quelle parole.
“Hai detto che mi amavi”.
“Lo sapevi già” ribatte chinando la testa.
“Però è stato bello sentirlo” non potei evitare di confessarle.
Si avvicinò a me ancora di più, lasciando affondare il suo volto sul mio petto freddo, sentivo il suo respiro caldo su di me e la voglia di stringerla ancora di più crescere ogni istante.
“Ti amo” mi sussurrò.
In quel momento seppi che se il mio cuore fosse stato ancora in grado di battere, l’avrebbe fatto all’impazzata. Sentivo ogni singola parte di me gioire nell’udire quelle parole, sentivo il bisogno di stringerla e di baciarla, ma non sapevo se, preso da quel vortice incessante di emozioni, sarei riuscito a controllarmi. Così mi trattenni dal dare libero sfogo ai miei desideri, ma lasciai che tutto ciò che provavo trasparisse dai miei occhi. La guardai intensamente desiderando che riuscisse a comprendere tutto ciò che provavo, sebbene facessi fatica io stesso a capirlo fino in fondo.
“Tu sei tutta la mia vita adesso” le confessai con tutto l’amore possibile.
Tutto in quell’istante era perfetto, non ci restava più nulla da dire. Continuai a stringerla tra le mia braccia lasciando che le sua parole riecheggiassero soavi nella mia mente. Ricordai all’improvviso di come nei due giorni precedenti avessi prestato poca attenzione a quelle che erano le necessità di Bella, ricordai di come la sera prima avessi dimenticato del suo bisogno di cibo…CIBO! Quella parola diradò le nubi della mia mente che celavano una consapevolezza nascosta. Ormai era già mattino e Bella aveva sicuramente bisogno di fare colazione come tutti gli esseri umani. Cercai di nascondere la mia dimenticanza con il tono più disinvolto possibile, cercando di dare alle mie parole quel senso di ovvietà e naturalezza che avrei voluto esprimessero.
“È ora di fare colazione” dissi. Spostai il mio sguardo verso il viso di bella per sorridere e accompagnarla di sotto, ma incrociando i suoi occhi restai pietrificato. Si era portata le mani al collo e mi fissava con occhi spalancati colmi di terrore. Rabbrividì al solo pensiero di ciò che aveva creduto avessi detto. Il mio corpo si irrigidì di rimando, i miei occhi la fissavano pieni di rimorso e tristezza. Come aveva anche solo potuto pensare che intendessi farle del male? Allora forse aveva paura di me, di ciò che ero ma l’aveva nascosto fino a quel momento? Temeva realmente per la sua vita quando era con me? E anche se così fosse stato, come avrei potuto contraddirla? Era realmente in pericolo quando mi stava vicino, io ne ero consapevole, ma il fatto che anche lei lo sapesse… sentii come una fitta al cuore, e un sentimento di amara tristezza crescere sempre più…In quel momento avrei voluto farle un milione di domande, chiederle il perché, ma non ebbi la forza di emettere alcun suono. Restai immobile a guardarla aspettando un’altra sua reazione.
“Scherzetto!” disse ridendo.
Il mio sguardo si addolcì all’istante e anche il mio corpo. La guardai come per rimproverarla, non era stato divertente, credere che lei avesse davvero paura di me mi aveva terrorizzato, e non mi era mai successo prima.
“E poi dici che non so recitare!”continuò. Incrociò il mio sguardo ancora intento a rimproverarla, i suoi occhi nocciola non si staccavano dai miei, come a cercare un segno del mio perdono. Ma come potevo resistere quel suo sguardo da cucciolo? Lasciai che i miei occhi diventassero come miele.
“Non è stato divertente” dissi cercando di tenerle il broncio, ma non ci riuscii.
“Posso riformulare la frase?” chiesi sospirando. “È ora di fare colazione, per gli umani”. L’afferrai e la presi sulle spalle, uscii dalla stanza e scesi le scale ad un velocità, forse per Bella, troppo elevata. La portai in cucina e la lasciai su una sedia, mi appoggiai al piano della cucina lì di fronte, e la lasciai libera di fare ciò che le era necessario. Mi guardò per qualche secondo.
“Che c’è per colazione?” chiese. La sua domanda mi lasciò perplesso, forse avrei dovuto prepararle qualche cosa, avrei dovuto pensare io alla colazione. Non sapevo cosa avrei dovuto fare, o come mi sarei dovuto comportare, così scelsi quella che appariva la soluzione più facile. Chiedere.
“Ehm, non saprei. Cosa ti piacerebbe mangiare?”. Mi sentivo in errore, avrei dovuto pensare a prepararle qualcosa per la colazione, avrei dovuto prendermi molta più cura di lei, avevo sbagliato ancora una volta, e la cosa mi infastidiva non poco.
“Benissimo, posso cavarmela da sola senza problemi. Osservami mentre caccio” disse interrompendo i miei pensieri.
Si alzò e prese una ciotola e una scatola di cereali. Seguivo ogni sua mossa, ogni suo gesto, con il mio sguardo. Mi incuriosiva molto scoprire come funzionasse precisamente la giornata di Bella, in fondo fino a quel momento molte parti mi erano sfuggite.
“Vuoi che procacci qualcosa anche per te?” riprese.
La sua disinvoltura e la sua tranquillità nell’affrontare certi argomenti come quelli mi infastidiva, lei avrebbe dovuto averne paura, evitarli, non scherzarci su. Anche se non aveva paura di me, non voleva dire che quello che mi riguardava non fosse orribile o spaventoso. Però non potevo non notare quanto oggi fosse di ottimo umore e di certo questo clima mi avrebbe aiutato a formulare la mia assurda richiesta.
Non sapevo dire se fossi più divertito oppure più arrabbiato. Avrei cercato di metabolizzarlo nel corso della mattinata.
“Mangia e basta, Bella” le risposi in attesa di capire se fossi più divertito da quell’atteggiamento oppure se fossi veramente arrabbiato.
Si sedette al tavolo e versò il latte e i cereali nella ciotola. Prese la prima cucchiaiata di cereali e cominciò a mangiare. Ripresi a studiare ogni suo gesto, ogni singolo movimento, non volevo perdermi nulla di lei, neanche il più piccolo e insignificante gesto.
“Cosa abbiamo in programma oggi?” disse riportandomi alla mente gli impegni della giornata.
“Mmm…” restai vago, cercando il modo di più naturale possibile di dirle che avrei voluto portarla in un covo di vampiri. Vegetariani, si intende!
“Che ne dici di venire a conoscere la mia famiglia?” dissi sperando che il tono della mia voce fosse stato sufficientemente rassicurante e spontaneo.
Bella rimase in silenzio. Cominciai a sperare che avesse paura, che stesse cominciando a rendersi conto, ma poi ricordai come mi ero sentito pochi minuti prima, quando aveva finto di essere terrorizzata, e allora la mia speranza si trasformò in terrore. In quel momento, come del resto ogni volta che ero con lei, mi sentii pervadere da un ondata di emozioni e sensazioni contrastanti.
“Hai paura adesso?” le chiesi sperando… No! non sapevo cosa sperare.
“In effetti si “ disse.
Il mio timore iniziale cresceva sempre più.
“Non preoccuparti. Ti proteggerò io” le dissi con un sorrisetto, cercando di non tradire la mia ansia e le mie paure.
“Non ho paura di loro. Temo che non... gli piacerò. Non credi che saranno sorpresi di vederti arrivare assieme ad una... come me... a casa loro, per conoscerli? Sanno quel che so di loro?” esordì ancora una volta contro ogni mia previsione.
A quel punto scoppiai in una silenziosa risata. Non aveva paura, voleva stare con me, non voleva correre lontano ma starmi vicino a tal punto da entrare in una casa colma di vampiri. Non potevo non esserne contento.
“Sanno già tutto. Ieri hanno persino scommesso”, risi in modo poco convinto e per niente divertito, “su quante possibilità io abbia di portarti a casa sana e salva, benché mi sembri una stupidaggine scommettere contro Alice. E in ogni caso, nella mia famiglia non ci sono segreti. Non sarebbe proprio concepibile, con me che leggo nel pensiero, Alice che vede il futuro e tutto il resto”.
“E Jasper che ti rende felice, contento ed entusiasta di raccontargli i fatti tuoi, non dimentichiamolo”disse disinvolta.
“Ah, vedo che quando parlo stai attenta” le risposi stupito, non credevo avesse prestato molta attenzione ai miei racconti, e scoprire il contrario mi sorprese.
“Di tanto in tanto capita anche a me” disse facendo una linguaccia. “Perciò, Alice mi ha già vista arrivare?” continuò.
“Qualcosa del genere” le risposi voltandomi per evitare il suo sguardo, di certo dirle che Alice l’aveva vista distesa nella radura priva di vita, e poi trasformata in un mostro, in quel momento non sarebbe stato proprio incentivante per lei.
“È buono quello che mangi?” dissi cercando di cambiare discorso, ma anche realmente interessato a quale sapore avesse mai potuto avere la sua colazione, a me non sembrava tanto invitante, ma del resto non avevamo gli stessi gusti.
“Bé, di certo non è un grizzly permaloso…”.
Reagii serio a quella sua battuta, come a rimproverarla un’altra volta, ma sembrò ignorarmi. Restai lì a guardarla, al centro della cucina, cercando di cogliere nel suo sguardo una qualche reazione al mio invito di poco prima, ma non ci fu niente da fare. Ci rinunciai e rivolsi il mio sguardo fuori dalla finestra alle sue spalle. La mia mente rievocò le visioni di Alice, i suoi discorsi e i miei sensi di colpa. Cominciavo a chiedermi se portarla a casa mia fosse davvero la cosa migliore da fare, se non fosse un passo troppo affrettato. Poi sorrisi, pensando a come probabilmente avrebbe accettato più facilmente di incontrare la mia strana famiglia piuttosto che presentarmi alla sua.
“E immagino che poi toccherà a te, presentarmi a tuo padre” le dissi curioso di scoprire la sua reazione.
“Ti conosce già” mi rispose, come non capendo.
“In quanto tuo ragazzo, dico”.
Mi fisso sospettosa, come per cercare un significato nascosto che non c’era.
“Perché?” mi chiese infine.
“Non si usa?” le domandai.
Forse era un’usanza ormai svanita con il tempo, era quasi un secolo, o forse più che non mi interessavo alle tradizioni sentimentali. Mi sentii in imbarazzo e pensai che per via di quella mia richiesta, mi avesse preso per suo nonno.
“Ti confesso che non lo so” mi rispose, dandomi un immenso sollievo, non solo perché non avevo fatto la figura dello stupido, ma anche perché quella sua piccola e innocente confessione mi aveva svelato la sua poca esperienza nelle questioni sentimentali, e la cosa non poteva che farmi piacere.
“Non è necessario, ecco. Non mi aspetto che tu... Cioè, non sei costretto a fingere per me” continuò.
Le sorrisi, e potei comprendere come potesse essere confusa dalla sua poca esperienza e dal fatto che la nostra storia non fosse esattamente tra le più tradizionali.
”Non sto fingendo” le risposi infine.
Bella non accennava a rispondermi e il suo silenzio un po’ mi snervava.
Questa situazione era per me completamente nuova e la cosa un po’ mi innervosiva, perché non sapevo come dovevo comportarmi, e il suo silenzio, e la sua indecisione di certo non aiutavano.
“Dirai o no a Charlie che sono il tuo ragazzo?” insistetti.
“Lo sei?”. La sua risposta mi spiazzò, non riuscivo a comprendere cos’altro sarei potuto essere, se non la persona che le sarebbe stata accanto giorno e notte, ogni secondo,e ogni istante della sua vita. Definirmi il suo ragazzo forse non era l’espressione giusta? Non capivo cosa intendesse con la sua risposta e il fatto che non riuscissi a leggere nella sua mente mi faceva impazzire.
“In effetti l’espressione ‘ragazzo’ è qui intesa in senso lato” dissi sorridendo, cercando ancora di comprendere.
“Avevo l’impressione che fossi qualcosa di più a dir la verità” e la sua risposta chiarì tutti i miei dubbi, lasciando dentro di me una sensazione di felicità.
“Be', non so se sia il caso di descrivergli anche i dettagli più sanguinolenti” le risposi allora scherzando.
Mi avvicinai e sentii il suo cuore accelerare, il suo respiro caldo mi sfiorava appena. Con un dito le sfiorai piano il viso, temendo ancora che il contatto con la mia pelle fredda la turbasse, e le sollevai il volto per incrociare il suo sguardo.
“Ma senz'altro dovremmo giustificare in qualche modo il fatto che ti girerò attorno tanto spesso. Non voglio che l'ispettore Swan ricorra a misure cautelari per vietarmi formalmente di vederti” sorrisi all’idea.
“Ti vedrò spesso?” mi chiese impaziente e quasi incredula. “Starai qui spesso, davvero?”.
“Per tutto il tempo che vuoi”
“Attento, perché ti vorrò sempre. Per sempre” mi rispose.
Girai attorno al tavolo e mi avvicinai di più a lei, le sfiorai la guancia con il palmo della mano, e la guardai triste. Sapevo che non sarebbe potuto essere così, mille cose ci separavano dall’eternità. Prima tra tutte la mia natura: non sapevo per quanto sarei riuscito a mantenere intatto il mio autocontrollo e nel caso in cui non ci fossi più riuscito, sarei dovuto andare via.
“Quest’idea ti mette tristezza?” mi chiese ignara dei miei pensieri. La fissai per un istante, per affiggere nella mente in modo indelebile il suo sguardo sognante, che chiedeva me e unicamente me, per il resto della sua vita.
“Hai finito?” chiesi spezzando il silenzio.
“Si”
“Vestiti. Ti aspetto qui”.
Bella salì in fretta le scale e io rimasi al piano di sotto ad aspettarla. Girai un po’ per casa cercando di scacciare l’immagine della visione di Alice dalla mia mente. In fondo non doveva essere per forza così, potevo anche riuscire a cambiarla, fino ad ora ero andato oltre ogni altra sua previsione, perché non avrei potuto farlo ancora? Sentii i passi di Bella sulle scale e mi stupii di quanto poco tempo ci avesse messo per prepararsi. La aspettai in fondo alle scale, aveva indossato una gonna marrone chiaro e quella camicetta blu che mi faceva perdere la testa.
“Okay” disse scendendo con un balzo dalle scale. “Sono presentabile”.
Bella si ritrovò più vicina a me del previsto, pericolosamente vicina. La tenni lontana per qualche istante, osservai la sua bellezza e perfezione e poi la strinsi a me.
“Sbagliato” le dissi sussurrando. “Sei assolutamente impresentabile. Nessuno dovrebbe essere così attraente: è una tentazione, non è giusto”.
Non potevo credere che davvero non si rendesse conto di quanto fosse attraente, e di come la guardassero tutti i ragazzi che incrociava.
“Attraente come?” disse cogliendo il senso sbagliato delle mie affermazioni.“Posso cambiarmi…”.
Sospirai e scossi la testa.
“Sei davvero assurda” le dissi infine.
Mi avvicinai a lei ancora di più e le posai le mia lebbra di freddo marmo sulla fronte,dandole un piccolo e delicato bacio.
“Mi concedi di spiegarti come mi stai inducendo in tentazione?” le chiesi in una domanda ovviamente retorica. Percorsi con le mie dita fredde la sua schiena e le accarezzai i capelli, la avvicinai lentamente a me. Posai piano le mie labbra sulle sue e le dischiusi appena, faticando a trattenere la voglia di baciarla appassionatamente e di lasciare libero sfogo a tutte le mie sensazioni.
Ogni singola parte di me aveva voglia di lei, ma non potevo lasciarmi andare in quel modo. Non appena riuscii a sentire il suo respiro caldo che si confondeva con il mio, svenne.
“Bella?” la chiamai allarmato.
“Mi…hai…fatta…svenire” disse quasi senza forze.
“Ma cosa devo fare con te?!” le dissi esasperato. “La prima volta che ti bacio,mi assali!La seconda, mi svieni tra le braccia!”.
Non riuscivo a capire in che modo dovessi comportarmi. Sembravo sbagliare qualsiasi cosa facessi, e questo non mi piaceva,in questo modo avrei potuto mettere in pericolo la vita di Bella ancora di più di quanto già non lo fosse. La presi tra le braccia come per cullarla e aspettai che si riprendesse. Le voltai il viso per osservale la sua espressione, e lei rise.
“E meno male che sono bravo in tutto” dissi sospirando malinconicamente.
“Questo è il problema” disse ancora stordita e senza forze. “Sei troppo bravo. Troppo, troppo bravo”.
“Ti senti male?” le chiesi ricordando quando era svenuta nell’ora di biologia a scuola.
“ No... non è stato affatto come l'altro svenimento. Non so cosa sia successo” disse scuotendo la testa.
Era assurdo, io l’avevo fatta svenire e lei cercava di scusarsi con me, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, quando invece la colpa era stata solo ed unicamente mia. “Penso di aver dimenticato di respirare” fu infine la sua risposta.
“Non posso portarti da nessuna parte in queste condizioni” mi apprestai a dirle. Di certo l’ultima cosa di cui avevamo bisogno è che lei si sentisse male proprio a casa mia, dove di certo le emozioni non sarebbero mancate.
“Guarda che sto bene. E poi, i tuoi penseranno comunque che sono pazza, perciò… che differenza fa?”
Questa era una certezza. Tutti pensavano che in fondo Bella fosse un po’ folle ad accettare la mia vicinanza. Ma preferii cambiare argomento.
“Ho un debole per come quel colore si sposa con la tua carnagione” le dissi sinceramente.
Bella arrossì e distolse lo sguardo.
“Ascolta, sto cercando con tutte le mie forze di non pensare a ciò che sto per fare, perciò possiamo andare?” mi implorò.
Questa affermazione poteva avere due significati, ma ormai conoscevo la strana mente di Bella, ed era ovvio che non era la paura di diventare il nostro pasto a darle possibili ripensamenti.
“E sei preoccupata, non perché stai per conoscere una famiglia di vampiri, ma perché temi che questi vampiri non ti approveranno, giusto?” le risposi con tono di rimprovero, ma lasciando spazio ad una piccola vena ironica.
“Giusto” rispose secca, come se non ci fossero altre possibili risposte.
“Sei incredibile” esclamai. Ma la parola incredibile era veramente limitativa. Straordinaria, speciale, unica, perfetta nella tua totale stranezza, affascinante, imprevedibile… e ancora, tutte insieme, le parole non bastavano a descrivere un concetto degno di definire Bella.
Il pick-up mi costringeva ad una velocità… ehm.. lentezza degna della guida di un uomo della mia età.. di quella vera però! Avevo bisogno che il tempo passasse in fretta, perché una certa tensione stava avendo la meglio sulla mia razionalità e sulla consapevolezza che avevo riguardo alla positiva accoglienza della famiglia. Ma in realtà per alcuni di loro questa vicinanza obbligata non era ben accetta. Rose, Jazz.. Specialmente Jasper!
Rose era solo gelosa, egoista, quasi dispiaciuta che avessi trovato il vero amore. Non mi crucciavo troppo per lei. È vero, era anche gelosa di Bella non solo per le mie attenzioni, non unicamente perché era stata la prima a colpire il mio cuore, ma anche perché le invidiava la sua umanità. Voleva tornare indietro più di chiunque altro.
Ma l’impatto maggiore riguardava Jazz.
Era sinceramente felice per me, per la mia nuova condizione, in quanto sapeva che ero finalmente entusiasta della mia vita, era consapevole del fatto che finalmente avevo trovato un senso a quell’esistenza che sembrava ogni giorno più vuota, che diventava ancora più frustrante in compagnia delle coppie più perfette che mai potessero esistere. Per lui però era più difficile che per chiunque altro.
Però quella nuova presenza aveva per Jasper un significato ed un impatto ben diverso rispetto a quello che poteva avere per chiunque altro. Rispetto a quelle di Rose, le sue preoccupazioni avevano radici più profonde. Ora si sentiva forzato verso la prova più difficile della sua nuova esistenza. In fondo, se avesse ceduto con qualcun altro, chiunque altro, si sarebbe vergognato della sua debolezza, ci saremmo trasferiti e il problema si sarebbe risolto più o meno così. Ma con Bella era diverso. Se le avesse fatto del male – cosa impossibile perché l’avrei difesa a costo della mia stessa vita e di quella di Jasper, che sarebbe diventata ben più che sacrificabile – allora non sarebbe finita assolutamente bene. La tragedia più sconvolgente mai sentita, tramandata, scritta, o immaginata, avrebbe avuto dimensioni infinitesimali a confronto di quella che si sarebbe imbattuta su di me… e ovviamente su di lui!
Svoltai sul vialetto. Bella non proferiva parola. Il suo viso nascondeva ogni sua emozione.
Non mi era possibile capire se fosse spaventata, curiosa, turbata, oppure felice di quella mia iniziativa. La strada sterrata faceva sobbalzare il pick-up, ormai troppo vecchio e stanco per reggere una strada così pretenziosa. Il bianco della casa spiccò in mezzo alla distesa di verde che la ricopriva. Provai ad osservare la mia casa con occhi nuovi, cercando di immaginare cosa potesse aver immaginato Bella. Nell’immaginario comune sarebbe dovuta essere simile ad un castello, possibilmente di un grigio scuro tendente al nero, con alte torri appuntite, un po’ diroccato. Oppure uno scantinato, cupo e scuro. L’interno scarno, privo di alcun arredamento futile, purchè provvisto di una stanza, ancor più buia delle altre, illuminata a malapena da candele, che lasciavano intravedere delle bare. Mi trattenni quasi dal ridere a quegli sciocchi pensieri. La mia casa era totalmente diversa, chiara, provvista di enormi vetrate che lasciavano filtrare la luce del sole, così da diffonderla ovunque. Ognuno di noi aveva un’ampia stanza, arricchita dai più moderni strumenti elettronici ed informatici. Carlisle aveva persino uno studio ed una stanza equipaggiata con macchinari medici d’avanguardia, come se mai potessero servire in una casa per vampiri…
La verità è che questo era l’unico luogo dove potevamo lasciar spazio a tutte le nostre stranezze, essere completamente noi stessi, dove non dovevamo nasconderci da nessuno.
La casa era piena di oggetti, specialmente tecnologici, che rispecchiavano appieno i nostri gusti evoluti con il tempo. Noi potevamo apprezzare la tecnologia persino più degli umani. Non tanto per necessità, quanto per il puro fascino verso lo sviluppo. Alcuni di noi esistevano da quando non avevano ancora nemmeno scoperto l’elettricità. Non poteva non avere un certo fascino vedere quanto in là la mente umana, che ci appariva così limitata, si fosse spinta.
Ma ovviamente il puro gusto e piacere non erano il solo motivo che ci spingeva a possedere alcuni oggetti, soprattutto quelli legati alla cucina. La cucina stessa era per noi assolutamente inutile. Non era mai stata utilizzata, ne’ mai lo sarebbe stata, a parte che per le riunioni di famiglia. Quella era pura facciata. Prima o poi qualcuno avrebbe potuto – o potrebbe - autoinvitarsi e sarebbe difficile spiegarne l’assenza. Preferivamo prevedere e prevenire ogni possibilità.
Parcheggiai davanti alla casa e finalmente Bella parlò.
“Accidenti” fu la sua unica parola.
“Ti piace?” le chiesi per decifrare quella sua esclamazione.
“Ha… un certo fascino” boffonchiò. Decisamente non doveva essere come l’aveva immaginata.
Era impietrita, ma il respiro lieve e poco ritmico e il cuore in tumulto tradivano la sua emozione. Cercai di smuoverla da quella condizione, le passai le mani dietro al collo, facendo attenzione ad evitare un contatto che potesse farla sobbalzare, le raccolsi i capelli raggruppati in un elastico e tirai lievemente, moderando la mia forza. Una risatina nervosa e insieme divertita mi sfuggì, mentre mi apprestavo a farle una domanda, che ovviamente sapevo essere retorica.
“Sei pronta?” le domandai, come se io lo fossi realmente….
“Nemmeno un po’. Andiamo” tirò le labbra in un finto sorriso e cercò di sistemarsi i capelli già impeccabili.
“Sei molto carina” la incoraggiai, e un fremito mi percosse il corpo. Allungai con naturalezza la mano verso la sua. Quando la sfiorai rimasi stupito da come la sua temperatura fosse estremamente simile alla mia, ghiacciata. Il suo sangue si rifiutava di circolare per l’agitazione.
Strinsi le sue dita tra le mie e iniziai a giocherellare con il pollice sul suo velluto perlaceo, nel tentativo di tranquillizzarla. Chissà se anche lei poteva percepire la mia emozione. Era la priva volta che presentavo qualcuno alla mia famiglia… vero, non avevo mai nemmeno avuto qualcuno da presentare prima d’ora.
Camminammo lentamente verso l’ingresso. Aprii la porta e con un gesto le indicai di entrare.
Bella si mosse di pochi passi e iniziò a guardare attorno, la sua bocca era socchiusa, gli occhi spalancati. Osservò ogni angolo prima di accorgersi della presenza dei miei genitori che silenziosi la osservavano dal rialzo del pianoforte.
“Wow” Esme esclamò nella sua mente “è proprio carina. Nemmeno la descrizione di Alice le rende giustizia”:
Quando finalmente si accorse della loro presenza, Bella smise di respirare per qualche secondo, non si mosse se non impercettibilmente per raccogliere ogni dettaglio dell’aspetto di Esme e Carlisle. Sebbene non fosse la prima volta che lo vedeva sembrava molto affascinata dalla sua figura. Il suo sguardo era pieno di rispetto ed ammirazione.
Esme sfoggiò uno dei suoi splendidi sorrisi materni e alzando lievemente la mano fece un cenno di saluto.
“La abbraccerei volentieri, ma non vorrei spaventarla a morte! Meglio un passo per volta” si giustificò. “Su dai, cosa aspetti? Presentaci!”.
“Carlisle, Esme, vi presento Bella”.
“Benvenuta Bella” la accolse Carlisle, avanzando lentamente verso Bella per offrirle la sua mano.
Sorrisi della finta disinvoltura con cui Bella rispose al gesto di Carlisle, allungando la sua mano di rimando.
“È un piacere rivederla, dottor Cullen” rispose con una sicurezza che non pensavo possedesse.
“Chiamami pure Carlisle” allargò il suo sorriso.
“Carlisle” ripetè Bella, quasi ipnotizzata dalla sua presenza.
Esme, incoraggiata dalla disinvoltura che mostrava Bella, si avvicinò a sua volta e le strinse la mano.
“È davvero un piacere fare la tua conoscenza” disse, esternando la sua emozione.
“Grazie. Anche io ne sono lieta”. Bella era perfetta in questo suo ruolo, coraggiosa, sicura, sorridente. Se non ci fosse stato il suo cuore a tradire la sua tensione, sarebbe stata un’interpretazione da Oscar.
Attento come ero alle reazioni di Bella non mi accorsi dell’arrivo dei miei fratelli: “Dove sono Alice e Jasper?” chiesi senza ottenere risposta.
Una strana sensazione di tranquillità mi avvolse. Mi voltai verso le scale e vidi Jasper ed Alice che ci osservavano. Rimasi scioccato dal sentirmi così a mio agio. Come era possibile che Jazz, preoccupato come era, riuscisse comunque a graziare Bella di un dono che gli stava costando tanto sforzo?
“Fratello, mi devi un grande favore! Scusa se non mi avvicino a lei.. ma non voglio rischiare. Sai che mi piace, solo che per certi versi… ehm…. ecco… mi piace troppo! Sono contento che tu mi abbia dato il tuo benestare riguardo alla lontananza da mantenere con lei”.
Preso com’ero dal regalo di Jazz, non mi accorsi del pericoloso entusiasmo di Alice.
“Ehi, Edward” urlò un istante prima di fiondarsi giù dalle scale verso Bella.
“Finalmente posso accogliere la mia nuova sorellina!!!” urlò la sua mente.
Si arrestò davanti a lei “Ciao Bella!” disse e si allungò verso la sua guancia per schioccarle un bacio affettuoso. Bella sgranò gli occhi dalla sorpresa di quel gesto.
“Mmmmmmm”.
“Hai davvero un buon odore, non me ne ero mai accorta” disse Alice, senza accorgersi di come quel complimento suonasse male tanto quanto una minaccia. Bella quasi impallidì per quella accoglienza troppo calorosa.
L’imbarazzo si impossessò di tutti noi, dando spazio ad un lungo silenzio, fatto di sguardi bassi e pensieri disparati.
“Ops, credo di essermi lasciata andare troppo” pensò Alice, mentre le rispondevo con un uno sguardo abbastanza eloquente da permetterle di leggermi il pensiero.
“Povera ragazza, chissà cosa starà pensando” si preoccupò Esme.
Persino Jasper era rimasto sconvolto da quella naturalezza di Alice, lo aveva scosso abbastanza da distrarlo dalla sua importante missione. “Ci penso io” pensò e subito il clima mutò, gli sguardi si rialzarono, tranquilli, sereni. Ogni imbarazzo era sparito.
Osservai Bella, e adesso si era accorta di quel palese e repentino cambiamento di umore che ci aveva colpito. Si voltò verso Jasper, probabilmente si era ricordata di ciò che le avevo detto riguardo alle sue capacità.
“Ciao Bella” disse Jasper, restando a debita distanza. “Non sono stato troppo freddo vero?” cercò una conferma, che diedi strizzandogli l’occhio, mentre Bella lo guardava, quasi ipnotizzata dalla sua voce e assorta in chissà quali muti pensieri.
“Ciao Jasper” sembrò ritrovare la parola. “Sono felice di conoscervi.. la vostra casa è bellissima” mormorò.
Certo, la sua introduzione non era stata granchè originale, ma di certo bastava la sua presenza per dare un tocco nuovo e vivace alla nostra vita.
“Ma quanto è educata, è stupenda, la adoro! Sono certa che andrà tutto bene, si vede quanto sei felice! Che bello, è tantissimo che aspettavo questo momento, quasi iniziavo a credere che con te non ci fosse speranza e invece.. eccola qui, carina, simpatica, educata… ! Edward, non sai quanto mi stai facendo contenta!” mi fu difficile riuscire ad isolare la mente di Esme, che in preda all’entusiasmo per quella tanto attesa presenza, non riusciva a smettere di manifestarmi la sua felicità, la gratitudine che aveva nei confronti di Bella.
Fortunatamente si interruppe per risponderle: “Grazie. Siamo davvero contenti che tu sia venuta” disse intensamente. Ma la sua frenesia interrotta riprese “E poi… è così coraggiosa, a venire qui, per farti contento, per conoscerti meglio, per farsi accettare da noi…..”
Le feci un ampio sorriso e la guardai per un istante con gli occhi sgranati, ma dolci, per suggerirle il mio disagio.
Esme fortunatamente capì il mio messaggio, ma fu la volta di Carlisle “Beh, adesso che non è più un pericolo, devo ammettere che è proprio graziosa. E senza dubbio molto coraggiosa - o incosciente - non saprei... Comunque mi piace molto e voglio che tu sappia che hai tutta la mia approvazione. Tuttavia….so che non è il momento migliore per informarti di certe… novità, ma non posso rimandare, se vogliamo che Bella faccia parte della famiglia a lungo: Alice ha visto l’arrivo di nuove visite. Degli sconosciuti, 3 per la precisione. Non ci sono ancora chiare le loro intenzioni, ma è meglio che tu stia in guardia”.
Annuii leggermente, affinché Bella non si accorgesse di quel silenzioso scambio.
“Suoni?” Esme mi riportò alla realtà. Mi voltai verso Bella attendendo, a mia volta, una risposta,
“No, per niente. Ma è bellissimo. È tuo?” chiese educatamente.
Esme rise “Ma come, non le hai ancora suonato la ninna nanna bellissima che ti ho sentito comporre?”
“No. Edward non ti ha detto che è un musicista?” Chiese retorica, conoscendo già la risposta.
“No” bisbigliò. Il suo volto mostrò inizialmente un’improvvisa sorpresa, ma poi si voltò verso di me: i suoi occhi spalancati si strinsero quasi fino a diventare due fessure, le labbra che prima disegnavano un cerchio, si distesero in un sorriso finto e leggermente amaro “Immagino che avrei dovuto saperlo” continuò. “Edward è capace di fare tutto, vero?”
Una risata sonora proveniente da Carlisle e Jasper mi rimbombò nella testa. Jazz trovò l’affermazione talmente esilarante da non riuscire a non esternare almeno un po’ della sua ilarità con una risatina soffocata.
Esme invece non sembrava altrettanto divertita, quanto invece leggermente infastidita, a giudicare dall’occhiataccia che mi lanciò “Poverina, già mi sembra timida ed in soggezione per.. certe nostre differenze. Tu non butterai benzina sul fuoco, vero?!” la sentii a malapena, sovrastata com’era dal divertimento del mio fratello acquisito.
“Spero che tu non ti sia vantato troppo, non è educato” ribadì l’ammonizione.
Alzai le spalle “Solo un po’ risposi divertito.
“Sei tremendo Edward Cullen! Ma è un piacere vederti così. Ti voglio bene, lo sai”. Mi scappò una risatina.
“Per la verità, è stato fin troppo modesto” cercò di difendermi Bella.
“Beh, dai Edward, suona per lei” mi invitò Esme.
“Hai appena detto che è maleducazione” sottolineai, sperando di potermi tirare indietro.
Sebbene fossi consapevole della mia bravura, quasi mi vergognavo a dover suonare per Bella. Mi sembrava una cosa così antiquata e fuori dal comune.
“Ogni regola ha un eccezione” sbarrò ogni via di fuga.
“Mi piacerebbe sentirti suonare” ribadì Bella, forse per educazione, oppure per reale curiosità.
“Siamo d’accordo” concluse Esme, spingendomi verso il piano.
Negata ogni possibilità di replica, allungai la mano verso il braccio di Bella e con attenzione ad essere delicato, la tirai verso di me, facendola accomodare al mio fianco.
“Scusa.. ma sei troppo carino quando suoni” mi sussurrò Esme quando le passai affianco
Guardai Bella, poi rivolsi gli occhi in alto, rassegnato al supplizio al quale mi costringevano, e infine lasciai che le mie dita scorressero da sole sul piano, scivolando automaticamente da un tasto all’altro, intonando la canzone preferita di Esme.
Alzai lo sguardo per poter carpire la reazione di Bella, che guardai di sfuggita con la coda dell’occhio. Era difficile decifrare il suo volto. Le strizzai l’occhio e le chiesi se le piacesse.
“L’hai scritta tu?” domandò con un filo di voce, come per non disturbare l’armonia delle note.
Scossi lievemente il viso dall’alto verso il basso, “è la preferita di Esme” le spiegai.
Il suo viso però ora sembrava più teso, le labbra dritte, strette, si curvavano leggermente verso il basso. I suoi occhi erano rivolti verso il pianoforte, persi. Qualcosa la crucciava. Non era serena.
“Cosa c’è che non va?” Le chiesi per comprendere cosa la stesse disturbando.
“Mi sento estremamente insignificante” soffiò aria quasi prima di un suono.
Mi ero lasciato trasportare, non avevo tenuto conto dei suoi continui complessi di inferiorità, la stavo ferendo, in realtà non potevo essere me stesso al cento per cento, o almeno.. non potevo esserlo se poi avevo anche la sciocca pretesa di apparire normale, e di farla sentire a suo agio.
Il suo viso era ancora perplesso dalla velocità e fluidità delle mie dita, che scivolavano sui tasti, sicure, senza intoppi. Decisi quindi di darmi una dimensione più umana e aggiungendo delle note armoniose e rallentando il ritmo, passai alla melodia che Bella mi aveva ispirato, una ninna nanna scritta solo per lei, per i suoi sogni troppo agitati, affinché potessero cullarla al posto mio, quando ancora non credevo possibile che io potessi farlo di persona.
La sua espressione si addolcì, la pieghetta involontaria svanì dalla sua fronte e vidi un velo di commozione inumidirle gli occhi.
“Noi andiamo, se hai bisogno, sai dove trovarci” mi comunicò Esme.
“Questa l’hai ispirata tu” le confessai con un filo di voce.
Non ottenni alcuna reazione. Gli occhi rimasero spalancati, ma adesso avevano un non so che di dolce.
“Piaci a tutti, lo sai” provai a distrarla. “Soprattutto a Esme”
Si voltò verso la sala e si accorse solo adesso che ci avevano lasciati soli.
“Dove sono andati?”
“Immagino che, con molto buon senso, ci abbiano concesso un po’ di privacy”.
Sospirò. “A loro piaccio. Ma Rosalie ed Emmett…”
Ovviamente la loro assenza non poteva passare inosservata.
“Ecco, ora pronuncia pure il mio nome, ma non si vergogna? Viene qua con quella sua puzza”
“Ma cosa stai dicendo? È un profumo appena resistibile”
“Beh, nessuno ti ha insegnato che anche il profumo più buono puzza se ne metti troppo?”
Sentivo purtroppo i deliri di Rose, che fortunatamente era troppo lontana da casa perché Bella la udisse.
Non potei evitare di infastidirmi davanti alle stupidaggini di Rosalie e, in quello che sembrò un attimo di esitazione, risposi a Bella, sperando di essere udito “Non preoccuparti di Rosalie, prima o poi si farà vedere”.
“Ah! Ma lo senti? Questa è proprio buona.. mi farò vedere.. come no, appena quella se andrà dalla mia casa e dopo che avrete lavato via quell’odore”.
“Emmett?” riprese Bella fissandomi scettica.
Le spiegai come lui mi trovasse totalmente pazzo per la mia scelta fuori dal comune, ma non avesse nulla contro di lei.
“Cos’è che la innervosisce?”
“Ma non può pensare ai fatti suoi!”
Feci un respiro profondo, ormai intollerante a quella fastidiosa voce che continuava a torturarmi e a dire sciocchezze, e le spiegai di come Rosalie fosse gelosa di lei, della sua umanità.
“Ah. Anche Jasper però” sottolineò Bella.
Risposi subito in difesa di Jazz, che oggi, come sempre, si era dimostrato molto più di un amico e forse più che un fratello. Era colpa mia se lui non si era avvicinato. O meglio, così le dissi, per non doverle dettagliare più del necessario il pericolo al quale in qualche modo l’avevo sottoposta.
“Esme e Carlisle?” chiese, chiudendo quasi il cerchio. La rassicurai, spiegandole quanto fossero felici per me, e di come l’avrebbero accettata anche se avesse avuto tre occhi e i piedi palmati.. E ne ero seriamente convinto.
Adesso mancava solo Alice e mi rallegrai di non avere mai avuto un cane, altrimenti avrei dovuto decifrare persino i suoi pensieri…
Ovviamente la domanda arrivò.. anzi, questa volta fu un’affermazione: “Anche Alice sembra molto.. entusiasta” disse che un tono di voce divertito e lievemente scioccato.
“Alice ha un modo tutto suo di vedere le cose” dissi a bocca stretta, la mie labbra sembravano rifiutarsi di pronunciare quelle parole, inorridendo davanti alla possibilità di credere alle sue visioni.
“E tu non hai intenzione di parlarmene, vero?” disse. Ma questa volta non le avrei detto niente, non volevo spaventarla per una semplice possibilità. Proprio ora che Carlisle mi aveva annunciato l’arrivo dei nuovi ospiti era ancora più difficile poter rifiutare quella possibilità. Sembrava come se il destino avesse deciso di ostacolare la nostra felicità, di portarmi via ciò che di più importante avevo nella mia vita. Eppure l’entusiasmo di Alice sembrava più orientato alla seconda visione, quella che prevedeva che Bella diventasse sua sorella quasi a tutti gli effetti, ma anche questa opzione non era per me accettabile.
“E cosa ti stava dicendo Carlisle prima?” Disse cambiando argomento. Apprezzai lo sforzo, ma di certo non aiutò un granchè.
“Ah, te ne sei accorta?”
Strinse le spalle, come se fosse un insulto il solo pensiero di non aver pensato che avesse prestato abbastanza attenzione.
“Certo” disse in tono secco, di chi vuole spiegazioni.
Non sapevo bene cosa dirle. Non volevo che si spaventasse troppo, ma era ovvio che ormai non potevo mentirle, tanto più che avrebbe notato la differenza del mio futuro comportamento.
“Aveva una notizia per me e non sapeva se avrei gradito condividerla”:
“E”?
Non mi lasciò nemmeno il tempo di riflettere sul come darle l’informazione senza terrorizzarla.
“Sono obbligato a condividerla, perché nei prossimi giorni – o settimane – sarò un po’.. iperprotettivo nei tuoi confronti e non voglio che pensi a me come un despota”:
“Qual è il problema” macinava le risposte ad una velocità sorprendente.
“Nessun problema per ora. Alice ha visto però che presto riceveremo ospiti. Sanno che siamo qui e sono curiosi”.
“Ospiti?” adesso sembrava rifiutarsi di capire.
“Si.. bè, ovviamente non sono come noi… quanto ad abitudini di caccia, intendo. Probabilmente non entreranno a Forks, ma non sono intenzionato a perderti di vista finchè non se ne saranno andati”.
Non ebbi concluso la mia spiegazione, che vidi i suoi muscoli stringersi e vibrare tutti insieme.
“Finalmente una reazione normale! Iniziavo a temere che non fossi dotata di istinto di sopravvivenza” cercai di scherzare.
Bella cercò distrazione nella casa, riprese ad osservarne i particolari.
Scherzai sui luoghi comuni riguardo alle strane abitudini dei vampiri di dormire nelle bare, di adornare le case con teschi.. ma Bella non mi diede grande soddisfazione, tornando a commentare la casa, come se appartenesse a qualunque altra persona.
“è l’unico posto dove non siamo costretti a nasconderci” le ricordai serio.
Le mie dita, suonarono le ultime note e si arrestarono. Cercai di isolare i pensieri che mi circondavano, per dedicare ogni mia attenzione unicamente a Bella, che adesso appariva commossa, con delle grandi lacrime che lottavano per liberarsi dai suoi occhi.
“Grazie” mi sussurrò.
La guardavo fisso negli occhi, e una sensazione impulsiva, pericolosa, ma irrefrenabile ebbe la meglio su di me, il mio braccio si allungò e il mio dito catturò quella lacrima che stava per guadagnare per la prima volta la libertà. Adesso, potevo assaggiare Bella senza farle del male.
Avvicinai il dito alla mia bocca e assaporai quella preziosa goccia. Salatissima, arse la bocca come non mai. Non aveva un vero gusto, ma bastò la consapevolezza della sua provenienza per mettere in moto il veleno, che mi innondò.
Alzai lo sguardo verso Bella, e mi accorsi di quanto strano poteva esserle sembrato il mio gesto. Era perplessa, gli occhi sbarrati, le labbra socchiuse, le sue dita giocherellavano nervosamente. Nemmeno io ero realmente in grado di spiegare quella mia stranezza.
Sorrisi per l’assurdità di quella situazione imbarazzante e cercai di deviare i nostri pensieri.
“Vuoi vedere il resto della casa?” le domandai, confidando in una risposta affermativa.
“Niente bare?” chiese sarcastica, sebbene sembrasse veramente un pochino preoccupata.
Non potei trattenermi dal ride “Niente bare, te lo prometto”.
Salimmo le scale, lentamente, mentre Bella sembrava desiderar catturare ogni dettaglio della casa da qualsiasi angolazione possibile. Imboccammo il corridoio che dava sulle nostre camere e iniziai a mostrarle le porte con un gesto, che accompagnavo con la spiegazione del proprietario della stanza che si celava dietro ad esse.
Ero diretto alla mia camera, al mio luogo più privato e personale, ma Bella si arrestò e iniziò a fissare con occhi sgranati la decorazione posta sul muro.
Trattenni a stento una sonora risata: “Puoi anche ridere, è ironico in un certo senso” le dissi.
Ma la sua espressione non mutò. Allungò la mano per sfiorare la croce, ma come se qualcosa glielo impedisse, la bloccò a pochi millimetri di distanza.
“Dev’essere antichissima”
Strinsi le spalle, per la mia famiglia ovviamente questo non era un particolare molto importante “Anni trenta del diciassettesimo secolo, più o meno” le spiegai.
“Perché la conservate qui?” mi chiese curiosa.
“Nostalgia. Apparteneva al padre di Carlisle”:
“Era un collezionista?”
“No, L’ha costruita lui. Stava sopra al pulpito della chiesa di cui era pastore”.
Bella era nuovamente senza parole, ovviamente stava contando quanti anni avesse realmente Carlisle. E senza dubbio non poteva non pensare all’ironia del padre pastore e figlio vampiro.
“Tutto bene?” spezzai il lungo silenzio dei suoi pensieri.
“Quanti anni ha Carlisle?” non rispose alla mia domanda.
“Ha appena festeggiato il suo trecentosessantaduesimo compleanno” le dissi, leggendo nei suoi occhi che questa risposta avrebbe portato a ben altre domande. Decisi di anticiparle, spiegandole che Carlisle era quasi certo di essere nato intorno al 1640 a Londra, da un pastore anglicano che dava la caccia a streghe e vampiri. Carlisle era diffidente, e quando gli venne lasciata la guida dal padre, quest’ultimo fu molto deluso da lui. Poi però scoprì un vero covo di vampiri, che fuggirono. Però uno di loro, molto antico, sembrava sfiancato dalla fame e attaccò alcuni uomini, tra i quali Carlisle, che fu l’unico a salvarsi, in quanto il vampiro dovette difendersi dagli attacchi degli umani.
Il volto di Bella era ora bianchissimo, il suo cuore batteva lento, era quasi un bisbiglio, e aveva ascoltato tutta la storia senza fiatare. Ma quando arrivai a raccontarle di quando Carlisle fu morso e di come si fosse trasformato, sebbene avessi omesso il passaggio peggiore, vidi i suoi pugni stringersi, sempre di più, tanto che dovetti fermarmi per evitare che quelle fragili mani si rompessero davanti a tanta pressione.
“Come va?” le chiesi.
“Bene” si morse il labbro, tradendo la curiosità che ancora non era stata sfamata a sufficienza.
Sorrisi “Immagino che tu abbia qualche altra domanda in serbo”:
“Qualcuna” ridacchiò timida.
Decisi di rimandare l’appuntamento con la mia camera, per cibare la sua curiosità. Sorrisi all’idea di quanto poteva rimanere affascinata dalle incredibili storie di Carlisle, la presi per mano e la invitai a seguirmi: “Vieni allora, ti faccio vedere”.
 
Top
view post Posted on 14/10/2021, 19:27

iniziato

Group:
Member
Posts:
2

Status:
offline


infiammato dal sangue che correva rapido verso le sue guance. Quel sangue che avevo tanto desiderato assaporare, che un tempo risvegliava il mostro celato dentro me. Ora che sapevo controllarmi avevo voglia del contatto con la sua pelle
Questo è la copia esatta del 15
 
Top
1 replies since 23/6/2009, 13:00   3194 views
  Share